L'arte è aggressiva, cioè umana

di Vincenzo Trione

Il quadro - diceva Pollock - è un'arena su cui si gioca la battaglia contro ogni forma, contro ogni volontà figurativa e formativa e contro ogni precostituita struttura.

Ispirandosi a questa linea che parte da Dubuffet, Fautrier, e, appunto, Pollock, e che arriva fino a Tapies e Burri, si muovono Sergio Cervo ed Antonio Barbagallo, gli artisti le cui opere aprono la nuova stagione delle mostre allestite dal Goethe Institut di Napoli.

Pur servendosi l'uno di cose, di oggetti, di materie trattate pittoricamente, e l'altro di un colore ruvido, "graffiato", i due artisti napoletani presentano lavori "informali", caratterizzati dall'assenza di "schemi", di diaframmi, di tralicci compositivi.

Nella trilogia dei segni ad esempio, Barbagallo ricorre ad una pittura intesa come ritorno ad una assoluta libertà cromatica. La materia informe ed aggressiva qui è ragione originaria, preminente, unica nel suo fare artistico: le venature del colore e l'aggressività brut dei segni non nascondono la materia, ma al contrario la esaltano, la fanno sentire "per il valore di frammento vivo, di brandello ancora palpitante", come scrive Vitaliano Corbi nel testo del catalogo che accompagna ed introduce la mostra.

Siamo dinanzi ad una pittura frutto di una foga creativa da action painter.

[...]

Le opere di Cervo e parallelamente di Barbagallo assolvono allora ad una funzione di sonda per nuovi territori da indagare, scoprire, conoscere. Un'ulteriore frontiera da raggiungere.

Da "Il Mattino" del 18 dicembre 1994

 

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